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Aran è sinonimo di lana e lana è sinonimo di sopravvivenza – Dalla scrivania del Presidente

Le isole Aran stanno di fronte alla città di Galway, sulla costa occidentale dell’Irlanda. Vale la pena di aprire Google Maps o di sfogliare un atlante per rendersi conto di quanto remoto possa essere questo luogo che pure è così pieno di storia e di tradizione. Dall’Italia bisogna arrivare a Dublino e poi attraversare tutta l’isola. Per l’ultimo salto sull’Atlantico, prima di arrivare alle isole, ci vuole un piccolo aeroplano oppure un ferry boat che parte anche con il vento e la pioggia più tremendi che possiate immaginare. Per gli irlandesi Aran è sinonimo di lana e lana è sinonimo di sopravvivenza. I maglioni famosi lavorati a mano su queste isole in cima all’Europa sono incredibilmente caldi ma soprattutto resistono all’acqua che quasi sempre qui vi circonda, nel senso che sotto ci sono le onde dell’oceano e sopra una continua pioggerellina che penetrerebbe in qualunque impermeabile tradizionale. A quanto pare non attraversa però i maglioni tricotati con la lana locale prodotta dalle impassibili pecore che brucano in riva al mare.

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Quando i miei figli erano piccoli venivamo spesso a passare qualche settimana d’estate in un cottage nel parco naturale del Connemara (prego riguardare Google map o internet). Fino a che il più grande un giorno se ne uscì con questa riflessione: venire qui è come andare in vacanza in una lavapiatti. Intendeva riferirsi alla pioggia “orizzontale” che sbatteva contro le finestre a causa del vento. Così le nostre visite si sono rarefatte fino alla scorsa settimana quando ci ha riportato qui il matrimonio di un amatissimo nipote. Incredibilmente, tutto è rimasto come allora: le Aran all’orizzonte, la loro lana tenacissima, le pelli di vari colori pronte a sdraiarsi di fronte al caminetto e a scaldarvi i piedi, gli oggetti decorativi fatti all’uncinetto con quell’aria scherzosa che solo gli irlandesi hanno, dopo averne passate di ogni.

La bandiera irlandese ha l’arancione al posto del rosso, ma per il resto è identica al nostro tricolore. Qualcuno dice che Garibaldi venne fin quassù per dare una mano contro gli inglesi oppressori e sfruttatori che nella seconda metà dell’Ottocento lasciarono morire di fame più di un milione e mezzo di persone, ignorando una malattia delle patate, alimento principale sull’isola. La chiamarono la Grande carestia, e quasi spopolò l’isola. Un terzo dei suoi abitanti morirono di stenti, un terzo si buttò su barconi in mare per emigrare in America (che è proprio di fronte a Galway, come la nostra Lampedusa è di fronte alla Libia) e un terzo rimase a resistere. Oggi in Irlanda si sta bene e il Paese è membro influente dell’Unione Europea. Dopo la Brexit, anzi, sono loro gli unici a parlare inglese a Bruxelles. La lana rimane più che una componente essenziale del paesaggio, una vera passione. La parola che corrisponde a “pecora” è “ewe”, che si pronuncia you, come quella che significa anche te o voi. E infiniti sono i giochi di parole degli irlandesi che rivelano il loro amore per la lana e le pecore. Per scrivere “come stai”, per esempio, invece di “how are you?” scrivono “how are ewe?” perché il suono che ne deriva è identico ma l’effetto è di far sorridere l’interlocutore che pensa al viso impassibile di una pecora.

Buon rientro a tutti (per chi è stato in vacanza) e buona ripresa. Noi qui a Gomitolorosa ci prepariamo al compleanno di ottobre, e questa volta in modo importante!

Alberto Costa

Presidente Gomitolorosa Onlus

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